IL METODO BALLING

IL METODO BALLING

Per poter mantenere e riprodurre in acquario i coralli duri, è necessario ricreare parametri ambientali ottimali che corrispondano a quelli degli habitat naturali. Tra questi ricordiamo la densità (1.022-1.024 mg/l a 25°C), la temperatura (24-26°C), la concentrazione di nitrati e fosfati che deve essere mantenuta bassa per evitare la formazione di alghe indesiderate, la corrente molto forte e l’illuminazione intensa, proprio come nelle barriere coralline naturali, e infine, ma non meno importante, l’apporto di ioni calcio e carbonati.

Quest’ultimo punto è fondamentale per la crescita dei coralli duri: dagli ioni calcio e dai carbonati essi sintetizzano il carbonato di calcio (CaCOᶾ) di cui è formato il loro scheletro e il fabbisogno è tutt’altro che irrilevante.

Nell’acquariofilia marina si sono affermati due metodi per mantenere i valori ottimali delle concentrazioni sia di ioni calcio che di carbonati: il primo è l’utilizzo del reattore di calcio abbinato all’acqua calcarea (kalkwasser), il secondo è il cosiddetto “metodo Balling”, due metodi validi ma diversi, ognuno con i propri vantaggi e svantaggi.

L’apporto di idrogeno carbonato di calcio

Negli ultimi trent’anni l’acquariofilia di barriera ha attraversato molti cambiamenti. Metodi di mantenimento sempre migliori ed i continui progressi in campo tecnico hanno reso possibile la cura e la riproduzione dei coralli duri. Questo presupponeva a sua volta la possibilità di fornire ai tanti costruttori della barriera il necessario apporto di ioni calcio e idrogeno carbonato. Ad aprire il cammino per la cura in acquario dei coralli duri era stato il metodo dell’acqua calcarea, come abbiamo già visto, la famosa kalkwasser, resa popolare nell’acquariofilia di barriera da Peter Wilkens all’inizio degli anni Settanta.

Fino al 1994 tale metodo ha rappresentato in pratica l’unica possibilità di apportare ioni calcio. Il metodo prevede la produzione di una soluzione satura di idrossido di calcio che viene poi aggiunta all’acqua dell’acquario mediante un tubicino, meglio se goccia a goccia.

Senza dubbio il metodo dell’acqua calcarea si è dimostrato valido nell’acquariofilia di barriera, spianando la strada, come già detto, alla cura dei coralli duri. Tuttavia, tale metodo mostra un duplice limite. La soluzione satura di idrossido di calcio, con la quale viene sostituita la sola acqua evaporata, contiene al massimo 1,7 g di idrossido di calcio ovvero 900 mg di calcio al litro. Inoltre il valore pH in acquario non deve subire aumenti troppo forti, che sarebbero causa della precipitazione di calcare e perfino di un abbassamento del contenuto di calcio. Queste considerazioni hanno portato a ricercare altre strade per fornire agli invertebrati dell’acquario di barriera i necessari ioni calcio ed idrogeno carbonato.

Alla ricerca di nuovi metodi

Alla fine del 1993 si è iniziato ad introdurre in acquario ioni calcio ed idrogeno carbonato tramite l’aggiunta di sali ben idrosolubile. Tale metodo, che si è ormai diffuso con il nome del suo ideatore e cioè Hans-Werner Balling, è stato pubblicato nell’ottobre del 1994 (BALLING, 1994) poco dopo la pubblicazione di un metodo molto simile proposto da Ernst Pawlowsky (1994) e contemporaneamente al reattore di calcio di Hebbinghaus (HEBBINGHAUS 1994).

Rispetto al metodo di Ernst Pawlowsky accusava sì un’applicazione un po’ più complicata e meno sicura, aveva però il vantaggio di non pregiudicare l’equilibrio ionico. Nel maggio 1996 è stato presentato un miglioramento del “metodo Balling” da parte dello stesso ideatore che combina il dosaggio di oligoelementi, pubblicato poco prima come “Oligoelementi secondo Balling”, con l’apporto di cloruro di calcio e idrogeno carbonato di sodio, permettendo una somministrazione automatica di entrambi (BALLING 1996).

Il metodo Balling

Il metodo si basa sull’idea che soluzioni di cloruro di calcio e idrogeno carbonato di sodio possono contenere concentrazioni relativamente alte di ioni calcio e idrogeno carbonato, necessari per l’apporto di calcare negli acquari di barriera. Mentre nella pubblicazione del 1994 questi due sali si accumulavano in un’unica soluzione, correndo il pericolo di una reazione già nella soluzione stessa, nell’articolo del maggio 1996 veniva proposto l’impiego di due soluzioni separate. In base alla formulazione di tali soluzioni, in due litri di soluzione vengono aggiunti una mole di cloruro di calcio e due moli di idrogeno carbonato di sodio.

Consideriamo ora quanto accade in acquario con gli ioni calcio e idrogeno carbonato:

Ca²+ + 2HCO³ = CaCO³ + CO² + H²O

Questo equilibrio viene spinto verso destra dalle zooxantelle, le alghe simbionti dei coralli, tramite la fissazione dell’anidride carbonica, giungendo così alla formazione di calcare (CaCO³) sotto forma di scheletro calcareo dei coralli.

Da 147 g di cloruro di calcio diidrato e 168 g di idrogeno carbonato di sodio, si ottengono 100 g di carbonato di calcio, 44 g di anidride carbonica, 117 g di cloruro di sodio e 54 g di acqua.

Dei due sali somministrati, cloruro di calcio e idrogeno carbonato di sodio, permangono tuttavia in acquario gli ioni di cloruro e di sodio, che non vengono consumati e neppure precipitano. Il cloruro di sodio, d’altronde, altro non è che il cosiddetto sale da cucina, componente fondamentale che rappresenta circa il 70% delle miscele di sale marino, eppure in questo caso porterebbe ad un arricchimento indesiderato dell’acqua dell’acquario. Per evitare questa situazione è necessario utilizzare miscele di sale marino prive di cloruro di sodio che bilancino tale eccesso di sali nell’acquario che finisce per apportare all’acqua anche tutte le altre componenti di una miscela di sale marino. Da una mole di cloruro di calcio e due moli di idrogeno carbonato di sodio restano ora due moli o 117 g di cloruro di sodio che devono essere bilanciati da 50 g di sale marino privo di cloruro di sodio. Il sale marino privo di cloruro di sodio non è facilmente solubile in acqua, contiene calcio, solfati, carbonati ed altri sali che possono interagire. Per questo nella pratica si è rivelato opportuno miscelare la quantità calcolata col normale sale marino da aggiungere nel cambio d’acqua. In questo modo i 50 g di sale marino privo di cloruro di sodio sostituiscono 167 g di sale marino tradizionale. L’aumento di densità determinato dall’apporto dei nostri sali “costruttori di calcare” viene così automaticamente bilanciato. Così agendo di assicura tanto l’apporto degli elementi essenziali calcio e magnesio quanto quello di idrogeno carbonato.

L’autore

Hans-Werner Balling nato nel 1965, frequenta dal 1981 al 1983 un corso di formazione per assistente tecnico di musei di storia naturale e istituti di ricerca presso il Museo Senckenberg-Museum di Francoforte. Qui, al seguito del Prof. Klausewitz si avvicina per la prima volta all’acquariofilia marina. Dal 1987 alla fine del 2000 gestisce gli acquari del Museo Jura di Eichstätt dedicandosi intensamente alla biologia delle alghe, degli invertebrati e dei pesci. Fa costruire anche tre grandi acquari di barriera mettendo in pratica le proprie conoscenze teoriche.