PESCI PAGLIACCIO E ANEMONI DI MARE

PESCI PAGLIACCIO E ANEMONI DI MARE

La simbiosi tra pesce pagliaccio ed anemone di mare venne osservata e descritta già oltre un secolo fa. Da allora l’interesse di molti acquariofili e di appassionati subacquei è andato via via incrementandosi. Il grande enigma era rappresentato dall’antidoto che i pesci possiedono, per poter vivere tra i tentacoli dell’anemone senza subire danni.

La superficie di questi tentacoli è dotata di numerose capsule urticanti che se stimolate si aprono, soggette ad un’alta pressione interna, scaricando una sortadi freccia arpionata che contiene un forte veleno. Ora, il pesce pagliaccio è immune al veleno oppure la sua presenza non sollecita le cellule urticanti?

Per rispondere a questo quesito è sorta tutta una serie di teorie, per la maggior parte successivamente confutate. Si pensava, per esempio, ad uno specifico comportamento del pesce in grado di evitare l’azione urticante. Tuttavia, queste domande non hanno ancora trovato una risposta esauriente.
La maggior parte dei pesci pagliaccio possiede un’innata insensibilità nei confronti del veleno urticante ed assorbe quindi dall’anemone una sostanza protettiva che impedisce la sollecitazione delle cellule urticanti. Gli stessi anemoni e l’ambiente circostante sono rivestiti completamente di muco protettivo così che le cellule urticanti non vengano sollecitate ad ogni contatto.
Questo dovrebbe rendere palese il vantaggio che deriva al pesce pagliaccio dalla simbiosi con l’anemone: in esso trova una casa sicura, dove nessun predatore osa entrare.

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Una domanda ricorrente anche presso molti ricercatori ha riguardato appunto i vantaggi che da questa simbiosi il pesce pagliaccio o anche l’anemone possono trarre.
Si tratta di commensalismo?
Una convivenza di specie diverse, da cui uno dei partner tra benefici chiaramente riconoscibili, mentre l’altro non ha nè vantaggi nè danni?
Oppure si tratta di mutualismo ossia simbiosi nel vero senso della parola?
Una convivenza di specie dalla quale entrambi i partner traggono vantaggi?
E quali sarebbero i vantaggi di cui gode l’anemone?
In alcune relazioni di vecchia data si supponeva spesso che Amphiprion nutrisse il proprio anemone.
La teoria venne perfino dimostrata in modo impressionantein una pellicola a carattere scientifico. Si poteva osservare che il pesce, dopo aver ricevuto grandi pezzi di mangime, ne portasse alcuni all’anemone appoggiandoli sopra i tentacoli, e che quindiprocurasse il cibo all’anemone.
Le ricerche più recenti e soprattutto prolungate osservazioni in natura non hanno potuto confermare questo comportamento. I pesci pagliaccio, infatti, si nutrono di plancton, quindi non si avventano su bocconi più grossi. Se viene offerto loro del cibo in abbondanza, come molti altri pesci tendono a portarselo al centro del proprio territorio. In questo caso, appunto, al centro dell’anemone.
L’anemone, comunque, qualche beneficio lo riceve. Col suo comportamento molto aggressivo nel difendere il territorio dall’intrusione di estranei, il pesce allontana anche pesci farfalla e pesci imperatore che non esiterebbero altrimenti a mordere e cibarsi dei tentacoli dell’anemone; si può quindi parlare di mutualismo (PATZNER & DEBELIUS 1984).

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I pesci pagliaccio, che appartengono alla famiglia dei Pomacentridae, raggiungono una lunghezza massima di 13 cm. Nella maggior parte dei casi, comunque, la lunghezza è essenzialmente minore. Fino al 1970 le specie di pesce pagliaccio descritte erano almeno 59. Da una ricerca approfondita si comprese, però, che tra queste esistevano molte descrizioni doppie, ovvero che la stessa specie era stata descritta da due autori ricevendo due nomi diversi.
Gerald R. Allen,californiano di nascita, australiano di adozione, si prese l’incarico di portare un pò di ordine in questo caos. Nel corso delle sue ricerche è riuscito perfino a descrivere sei nuove specie ancora sconosciute nel mondo scientifico.
Alla fine il numero delle specie di pesci pagliaccio risultava drasticamente ridotto. Il risultato finale dava 26 specie in totale, 25 rientranti nel genere Amphiprion ed una nel genere Premnas(ALLEN 1978; FAUTIN & ALLEN 1992).

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 L’areale di diffusione dei pesci pagliaccio si estende essenzialmente al di sopra della zona tropicale dell’Oceano Indiano e del Pacifico.Non sono presenti, invece, nell’Atlantico e nei Caraibi.
La maggior parte delle specie vive nel territorio indo-australe, con maggiore densità nella regione di Madang, Papua Nuova-Guinea, dove vivono ben nove specie di Amphiprion e dieci specie di anemone simbionti (ELLIOT & MARISCAL 2001), mentre nel Mar Rosso è nota una sola specie, Amphiprion bicinctus.

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 Per quanto riguarda il rapporto con le varie specie di anemoni, si rileva che mentre, per esempio, Amphiprion clarkii può convivere con una decina di specie diverse di anemoni, altri pesci pagliaccio come A. frenatus o A. nigripes possono tollerare una sola specie (FAUTIN & ALLEN, 1992).

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La diffusione in verticale di questi pesci va da acque assolutamente basse fino a profondità di quasi 100 m. Come ha constatato il ricercatore tedesco Hans W. Frickenel nelle sue immersioni con l’imbarcazione GEO nel Mar Rosso, il limite di diffusione in profondità è dato dalla presenza dei corrispondenti anemoni.
Come la maggior parte dei coralli costruttori di barriera anche gli anemoni dei pesci pagliaccio possiedono alghe unicellulari simbiotiche nel proprio strato cellulare interno (entoderma). Per la fotosintesi questi dinoflagellati (zooxantelle) hano bisogno di luce, che è però presente in quantità sufficiente solo fino ad una certa profondità. Gli anemoni dipendono da questa simbiosi con le alghe e senza di loro non possono esistere.
Le specie di pesci pagliaccio Amphiprion vivono solitarie, in coppia o anche in gruppo nel proprio anemone. Nel gruppo si trova sempre una coppia di adulti, mentre i restanti pesci sono giovani non ancora sessualmente maturi.

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L’anemone di mare rappresenta sempre il centro del loro territorio. Il pesce pagliaccio si intrattiene costantemente nei pressi del proprio anemone e in caso di pericolo si rifugia nei suoi tentacoli rassicuranti (FRICKE, 1974). Non è ancora stato osservato un predatore, per esempio una cernia, che cerchi di divorare l’Amphiprion, quando questo si trova già sotto la protezione dei tentacoli urticanti. I pesci pagliaccio senza anemone ospitante diventano, invece, subito vittime dei predatori.
I pesci pagliaccio sono diurni.Già un pò primadel levar del sole lasciano la zona protetta dai tentacoli dell’anemone soffermandosi nelle immediate vicinanze al di sopra dell’anemone stesso. Verso metà giornata l’attività dei pesci rallenta, ma non rientrano ancora a riposare nell’anemone. Durante il pomeriggio e la sera si mostrano di nuovo più attivi, per poi ritirarsi nell’anemone verso sera per il riposo notturno. A volte scivolano perfino all’interno dello “stomaco” (più propriamente detto cavità gastrovascolare) del loro ospite, ma resta ancora da chiarire come essi riescano a difendersi dagli enzimi digestivi dell’anemone.

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Le femmine di pesce pagliaccio sono sempre più grandi rispetto ai maschi. Potreste chiedervi quale sia l’aspetto delle femmine più giovani: non esistono, in quanto le femmine si sviluppano solo da maschi maturi. I pesci pagliaccio, così come molti pesci marini nel corso della propria vita compiono un cambiamento di sesso: da esemplari maschili si sviluppano quelli femminili. Tale trasformazione è controllata da ormoni e non si compie fintanto che una femmina è presente nella coppia. Solo quando la femmina lascia il nido o muore, allora il maschio compie la trasformazione. Oltre ai testicoli esso è già dotato di piccole ovaie che al bisogno si sviluppano in tempi estremamente rapidi. I giovani che abitano lo stesso anemone con gli adulti vengono repressi nello sviluppo. Quando il maschiosi trasforma in femmina, il più grande fra i giovani diventa il maschio della nuova coppia. I pesci pagliaccio riconoscono il proprio partner, assieme al quale colonizzano un anemone, dal disegno del corpo e riescono a distinguersi dagli altri conspecifici. Come ci ha mostrato Hans W. Fricke già circa 30 anni fa in due splendidi filmati televisivi, l’anello bianco dietro agli occhi è decisivo per il riconoscimento. In quel caso si trattava di Amphiprion bicinctus. Coprendo in via sperimentale tale anello, scoppia la rivalità tra i due partner e il pesce oggetto dell’esperimento viene cacciato dall’anemone (Fricke 1983).

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Ogni coppia di A. bicinctus depone in media 13 volte l’anno, la formazione della coppia è indipendente dalla disposizione sessuale, essa sussiste anche oltre il periodo riproduttivo.
Il corteggiamento vero e proprio inizia sempre su iniziativa del maschio, quando inizia a frequentare più spesso del solito il proprio anemone “pizzicando” i suoi tentacoli. Questi morsi leggeri alle estremità dei tentacoli fanno si che l’anemone si ritiri un poco lasciando libero il posto per la futura deposizione. Risultati immagini per uova amphiprionSuccessivamente il maschio comincia a “pulire” il substrato, a prepararlo, cioè, per accogliere le uova; in genere si tratta di una roccia nelle dirette vicinanze dell’anemone. Se la femmina partecipa a questa operazione, allora il maschio capisce che è pronta per la deposizione. Il corpo dei due partner comincia a vibrare ed appena il maschio mostra i primi movimenti propri della fecondazione, la femmina inizia a deporre le uova. Appena le prime uova, ovali e lunghe fino a 3 mm, aderiscono alla roccia, il maschio le feconda. Complessivamente vengono deposte circa da 600 a 1600 uova.
Appena si conclude la fase della deposizione, il maschio si attiva per le cure parentali. Passa col corpo sulle uova sfiorandole costantemente ed eliminando quelle non fecondate o danneggiate. La femmina si avvicina di rado alle uova dando un contributo pressochè trascurabile alla loro cura.
Dopo alcuni giorni è possibile riconoscere un piccolo punto nero attraverso l’uovo: sono gli occhi dell’embrione. Il tempo della schiusa dipende dalla temperatura dell’acqua e va da 7 a 10 giorni.
Dopo la schiusa i genitori perdono ogni interesse nei piccoli. In acquario, così come in natura, la schiusa ha inizio la sera subito dopo il crepuscolo. Appena liberatesi dal guscio, le larve nuotano a zig-zag verso l’alto. Come Fricke ha osservato in natura, a circa tre metri dal fondole larve lunghe 5 mm rallentano la loro risalita lasciandosi poi trasportare dalla corrente. Già durante la risalita molti avannotti si ritrovano tra i bracci di anemoni e crinoidi, e per loro non resta via di scampo. Se però riescono a raggiungere lo spazio aperto, nel buio della notte sono meno in pericolo. Dopo aver trascorso alcuni giorni nel plancton, tornano verso il fondo dove iniziano istintivamente a cercare riparo presso un anemone.

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Gli acquariofili sanno bene che con un pò di esperienza è possibile riprodurre e allevare in acquario un discreto numero di specie di pesci d’acqua dolce. Diversamente accade, invece, con i pesci marini. Ancora oggi molto meno sono i casi di successo nella riproduzione. Tra questi quello di diverse specie di Amphiprion. Il motivo sta nelle dimensioni relativamente grandi delle uova, che permettono una fase di vita planctonica molto più breve rispetto ad altri pesci marini. L’accrescimento riesce già in grandi numeri. Per esempio, già da oltre 20 anni oltreoceano si producono ogni anno diverse centinaia di migliaia di pesci pagliaccio (FRAKES & HOFF 1983).

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Testo tratto da “AQUARIUM OGGI” 4/2010